Bulli&Femministe Fanno a Pezzi l'Industria Videoludica

BULLE FEMMINISTE FANNO A PEZZI L'INDUSTRIA VIDEOLUDICA

di Milo Yiannopoulos

Potremmo dire che è molto facile prendere in giro i [video]giocatori definendoli strani emarginati con le mutande ingiallite e senza dubbio io stesso l'ho fatto in altri articoli. Anche lunghi. Ma più si viene a conoscenza di certi scandali nell'industria, più si inizia a simpatizzare con quello stereotipo del maschio frustrato. Questo perché un'armata di programmatrici e attiviste femministe sociopatiche, facendosi scudo della sedicente correttezza politica dei blogger americani, stanno letteralmente facendo terrorismo sull'intera comunità - con menzogne, bullismo e manipolazione della verità. Tutto per profitto e attenzione.

Che nell'industria videoludica ci siano più che sufficienti esempi di persone emarginate e piene di problemi, incapaci di adattarsi alla società comune, è un dato di fatto. Particolare è il caso degli sviluppatori "indie", di cui una rimarchevole quantità si può dire affetta da depressioni o disturbi d'ansia. Molte di queste persone finiscono col diventare entusiasti promotori di una o più cause che sentono meritevoli di maggiore attenzione.

I giornalisti che si occupano dei videogiochi e dei videogiocatori sono soggetti a simili peculiarità, cosa che forse spiega la diffusa frustrazione dei giocatori, quando i loro articoli sembrano preoccuparsi di più della misoginia politica e della "transfobia" che dei dettagli sull'ultimo gioco uscito. Come risultato, i siti che si occupano di videogiochi e i loro lettori hanno iniziato ad allontanarsi sempre di più nel corso degli anni. I giornalisti si sono schierati dalla parte degli attivisti attraverso soporiferi articoli riguardo la necessità di "uguaglianza" , mentre i giocatori sono rimasti piuttosto interessati invece a sapere se l'ultimo gioco uscito fosse o meno meritevole del suo prezzo.

Nel frattempo qualcuno ha iniziato a mormorare che forse questi giornalisti si stavano facendo un po' troppo "intimi" con quelli che dovevano essere i soggetti dei loro articoli e sempre più "acidi" nei confronti dei loro lettori - in buona parte maschi - a seconda di quanto tempo passavano in compagnia di attivisti femministi o altri agitatori.

Uno potrebbe pensare che è fin troppo crudele andare a scavare nel privato delle persone che hanno perso qualcosa. Ma quando, diciamo così, uno sviluppatore di videogiochi nonché attivista con un passato di oltraggiosa disonestà fatto di giochi che non sono mai poi granché ma che ricevono sempre grosso plauso nelle recensioni riceve delle accuse secondo le quali avrebbe scambiato favori sessuali per le suddette recensioni, è chiaro che l'interesse nel pubblico è destinato a salire.

Mentire e Tradire

Entra in campo Chelsea Van Valkenburg, per gli amici anche nota come Zoe Quinn. Quinn ha recentemente rilasciato una online novel intitolata Depression Quest, descritta come un "gioco di fiction interattiva dove ti metti nei panni di chi deve convivere con la depressione". Una sorta di revisione in chiave internet dei vecchi "libri-gioco", solo che a differenza di quest'ultimi è noiosa e dolorosamente mal-scritta, proprio come il materiale promozionale sembra suggerire.

Si può giocare online, se vi sentite masochisti. E' a malapena definibile videogioco, piuttosto è una sorta di blog Tumblr pieno di link. Chiunque l'avrebbe potuto realizzare. 
Quinn iniziò a fare grosse campagne di marketing per il suo gioco proprio subito dopo la morte di Robin Williams. Di dubbio gusto e opportunista, certo, ma è bene darle lo stesso il beneficio del dubbio. Forse stava solo cercando di "diffondere attenzione per questo grave soggetto". Ma più tardi si è scoperto, grazie ad una serie di confessioni da parte del suo ex-ragazzo, quale sorta di sgradevole manipolatrice fosse realmente.

E' difficile pensare che alcune delle accuse rivolte contro Quinn possano essere vere, protetta com'è stata dalla stampa liberale, ma i fanatici del web hanno fornito prove più che a sufficienza per sostenere le proprie tesi. Sebbene questa donna si presenti come l'eroina di tutti coloro che soffrono di depressione, non si è fatta problemi ad attaccare senza ragione un forum di uomini depressi noto come Wizardchan, presentandone in modo falso i contenuti allo scopro di presentarsi come vittima di molestie. Ha usato la propria influenza per silurare una raccolta di beneficenza - di beneficenza! - che fu hackerata da alcuni suoi sostenitori.

Si afferma che abbia usato dei sospetti reclami per diritto di copyright allo scopo di soffocare delle critiche. Ha minacciato di porre fine alla carriera di alcuni sviluppatori che non concordavano con lei nei commenti. Ha fatto uso della propria amicizia con alcuni moderatori di Reddit per far cancellare oltre 25.000 post. Ha fatto sparire sotto il tappeto una accusa di molestie sessuali (rivolta contro di lei) attraverso l'intimidazione. C'è perfino una teoria che sostiene avesse intenzione di fingere di esser stata picchiata ad una conferenza: è solo una voce infondata, ma rappresenta la credibilità di Quinn agli occhi del pubblico dei videogiocatori.

Quinn non è da sola. C'è un plotone di persone irritate in quest'industria il cui talento è miserevolmente scarso ma comunque capaci di generare colonne e colonne di testo con discorsi riguardo la vittimizzazione degli innocenti allo scopo di manipolare l'industria, fin troppo sensibile. Alcune di loro, come Anita Sarkeesian, non hanno altri scopi più alti nella vita se non quello di rovinare la vita a dei poveri sviluppatori innocenti.

Queste donne selezionano - e ribaltano - le reazioni più esagerate dei giocatori per usarle al solo scopo di attirare l'attenzione. Rimarchevole è quanti scheletri tengano nascosti in profondità nei loro armadi, come questi scheletri siano alla base della menzogna che è la loro immagine pubblica e come in maniera assai poco critica vengano poi fatte passare per credibili giornaliste del settore.

Isteria da Minaccia di Morte

Siamo onesti. Abbiamo tutti pensato almeno una volta che queste "minacce di morte" che tutte queste signore avrebbero ricevuto non siano poi così tante quante ci vorrebbero far credere. E infatti non c'è alcuna prova che siano mai state fatte minacce di ripercussione violenta contro delle figure femminili prominenti nell'industria videoludica, almeno, non credibili. Questo per dire che probabilmente buona parte di queste attiviste che sono state senza dubbio vittime di qualche troll non sono mai state davvero in pericolo. Perfino il caso più famoso sul suolo americano - anche se slegato dal discorso dei videogiochi -, quello di Kathy Sierra, non ha mai portato prove che lei fosse effettivamente in pericolo di vita nonostante le minacce subite.

Ma questo non ferma le donne come Quinn dall'usare ferventi tweet ed e-mail provenienti da uomini un po' troppo infervorati come mezzo per cambiare l'argomento e fare le vittime, aiutate anche dai giornalisti senza macchia. Negli ultimi giorni molti tweet targati #GamerGate hanno iniziato a palesarsi in giro.

Sono spesso tweet poco galanti, ovviamente, ma quando ci si riscontra una minaccia di morte non si può fare a meno di constatare come provenga da persone solitamente molto annoiate o sole - o semplicemente maliziose. Cosa ancor più patetica dell'usare internet come mezzo di sfogo però è usare queste finte minacce come mezzo per ingraziarsi l'opinione pubblica o rivendicare ideologie contro avversari politici immaginari, cercando di distruggere le loro vite con condanne di vario genere.

Mostrare le reazioni poco studiate di uomini dalla testa calda è diventato come mostrare le medaglie per una certa generazione di femministe, cosa che lascia intendere quanto seriamente prendano le minacce incluse nelle suddette reazioni (cioè: affatto). Come in una sorta di olimpiade online le donne combattono e strombazzano allo scopo di mostrare quale orribile discorso sempre più esplicitamente elaborato hanno ricevuto. 

Spesso chiamano le forze dell'ordine, cercano di far pestare i colpevoli e perfino scrivono di esser state costrette a "fuggire di casa". Certo, trasmettere informazioni sulla propria posizione attraverso un social media è una strategia assai strana per chi afferma di esser dovuto fuggire per mettere in salvo la pelle. La polizia tendenzialmente sconsiglia questa condotta, ma farlo presente sembra essere una ragione più che sufficiente per farsi aggredire online di questi tempi e essere dichiarati a tutti gli effetti dei "bulli pieni d'odio".

Il fenomeno non è circoscritto alla sola industria videoludica, ovviamente: in Inghilterra raggiunge un mostruoso zenith con Caroline Criado-Perez: la gelosia da parte delle sue fangirl, come Helen Lewis, è praticamente palpabile. "Perché vogliono tutti solo CCP?", si riesce a sentire.

L'isteria "da minaccia di morte", scatenata da attivisti "offesi per stile" è un cancro. Esiste solo allo scopo di sminuire il dibattito e zittire la critica. Le conversazioni vengono interrotte, il tempo della polizia sprecato, il giornalismo serio diventa impossibile. Quindi com'è che molti videogiornalisti americani si stanno facendo fregare proprio da questo? La risposta è orribile e sinistra: perché se lo fanno ricevono in cambio una bella scopata.

Moneta virtuale

L'economia del mondo dei giochi indie è intrigante. Ben lontani dalle realtà multimilionarie dei cosiddetti sviluppatori "AAA", gli scrittori e programmatori amatoriali sono squattrinati - spesso perché i loro giochi non sono poi un granché. Molte delle voci più forti sembrano esistere solo grazie al passaparola del pubblico. Perfino alcuni giornalisti ben noti come Leigh Alexander possono esser trovati a chiedere l'elemosina online, cosa che potrebbe spiegare la loro simpatia per donne come Quinn, che regolarmente si mette ad allungare la manina per ricevere del denaro, accompagnando il tutto con dubbie accuse di "borseggio".

Scrittori come Nathan Grayson - con cui assieme ad altri quattro uomini Zoe Quinn ha tradito il proprio ragazzo per un calcolato guadagno professionale - sanno perfettamente che saranno compensati con qualche favore sessuale se decidono di promuovare un lavoro neanche decente di uno sviluppatore donna. Grayson scrisse di Quinn alcuni giorni prima di ammettere di aver avuto una relazione sessuale con lei. Il suo editore, a sentire questo, ha affermato che non avrebbe preso alcun provvedimento disciplinare nei suoi confronti in quanto non era necessario.

E non sono solo le accuse di sesso-in-cambio-di-recensioni che stanno affliggendo i videogiochi: molti degli stessi giornalisti che scrivono di fanciulle dalle abitudini sessuali libertine come Zoe Quinn si preoccupano anche di fornire loro dei soldi, donando pubblicamente dollaroni per tenerle a galla mentre fingono di non vedere la loro mendacità. Donano senza uno scopo preciso, solo per il fatto che queste persone esistono.  In cambio si ignorano l'un l'altro creando dei conflitti d'interesse che hanno dello sbalorditivo. La cosa è stata notata da diversi che si sono messi ad esporre questi intrallazzi dimostrando più sagacia investigativa di qualunque altro sedicente reporter che abbia incontrato in quest'industria.

Alcuni siti web come Polygon, di proprietà di Vox Media, non si curano del fatto che i loro giornalisti supportino finanziariamente le stesse persone di cui vanno a scrivere gli articoli (ora effettivamente chiedono venga scritto come nota nel pezzo, ammettendo indirettamente che probabilmente avrebbero dovuto farlo da subito). Altri siti invece come Kotaku, di Gawker Media, non hanno permesso che queste donazioni continuassero.

Ma torniamo al nome di prima, Leigh Alexander, che scrive per VICE , Gamasutra e The Guardian. Alexander possiede anche una ditta di pubbliche relazioni che vende servizi - ma pensa te - agli sviluppatori di videogiochi. La viziosità di tutto questo è stupefacente. Alexander ha definito senza conseguenze una celebrità che ha ostato mettersi contro un videogiornalista "washed-up crackhead".

I siti che parlano professionalmente di videogiochi sono oggigiorno così corrotti, amorali e improfessionali che a confronto il blog di un principiante sembra il Wall Street Journal. Il modo con cui il liberalismo si è stabilito per chiudere i battenti sulla questione nel tentativo di ingannare i lettori è encomiabile e devo dire senza precedenti negli anni che ho passato come giornalista. Al 50% istinto politco, 50% conoscneza del fatto che i loro amiconi ci sono dentro fino al collo.

La punizione per chi non è d'accordo, anche altri mezzi di comunicazione, può essere assai severa. TechRaptor, uno dei pochi siti di settore che aveva scritto positivamente di #GamerGate si è trovato di punto in bianco ed inspiegabilmente bannato da Reddit. Reddit è una grossa fonte di traffico in quest'industria.

Un errore fatale

Al posto di occuparsi delle questioni di corruzione, esaminando i propri pregiudizi e dando considerazione ad un fallimento piuttosto esteso nelll'industria per ricominciare a fornire un servizio quantomeno accettabile, la stampa si è invece schierata contro i propri stessi lettori, accusandoli apertamente di bigottismo e misoginia, rifiutando di ammettere che il problema erano gli ipocriti e i bugiardi che avevano manipolato il tutto.

Osservando le conseguenze di tutto questo sui blog, nei forum e su Twitter è dura affermare quanto l'onda si stia propagando, o quanto grande sia la spaccatura che si è formata tra i lettori e i giornalisti sinistrossi. I giocatori sono stati capaci di trovare prove di corruzione e conflitti d'interesse tali che qualuno potrebbe non riprendersi mai dalle conseguenze. E la risposta dei reporter - in gran parte di puro negazionismo - è paragonabile ad un suicidio di massa professionale.

Mentre l'intera struttura del giornalismo videoludico è messa in discussione, questa risponde con voce unanime, schernendo tutti coloro che non sono d'accordo e affermando che "tutti i maschi dovrebbero essere uccisi" lasciando coloro che sono esterni a questo mondo a grattarsi il capo increduli e a domandarsi come è possibile che tante persone così brillanti si siano ritrovate a vendere l'anima in cambio di sesso, qualche soldo su PayPal e un caldo posto d'onore nella lotta contro la "misoginia".

C'è una lezione qui da imparare per tutti i Social Justice Warrior: continuate pure a blaterare di uguaglianza e rispetto, ma non aspettatevi di essere trattati da oracoli quando il vostro stesso comportamento personale è tutt'altro che encomiabile. Essendo internet quel che è, Depression Quest ha già dato vita ad una fantastica parodia, Oppression Quest, che forse rappresenta la vera morale della storia. Sebbene una intera generazione di giornalisti sia stata sostituita da un'altra, con l'avvento di internet adesso chiunque può combattere contro l'ingiustizia per conto proprio, in modo unico, crudele o istericamente divertente.

L'effetto duraturo di #GamerGate è ovvio: questo media ha autodistrutto la propria reputazione nei confronti dei suoi lettori che non si fideranno mai più di loro. Dando la colpa ai lettori e infilando la testa sotto terra i videogiornalisti che prima tanto influenzavano le opinioni di milioni di persone hanno volontariamente abbandonato ogni autorità in cambio di una feroce campagna per silenziare la critica.

Questo è un argomento sul quale tornerò in futuro: c'è bisogno di scrivere una breve storia della corruzione nei videogiochi. Nel frattempo alcuni di noi dotati di sufficiente distanza critica dal caos scatenatosi possono godersi seduti quanto danno l'industria si è autoinflitta in questi giorni. Ci sono ora due fazioni in totale contrapposizione: giornalisti e attivisti da una parte, che si preoccupano principalmente di politiche varie nei videogiochi di cui dovrebbero parlare, e i giocatori dall'altra... derisi, presi in giro, molestati, piegati... ma non spezzati.

I videogiochi e la loro cultura non saranno mai più come prima.

 


Nessun commento:

Posta un commento